"Nella storia, così come in natura, vita e morte sono egualmente bilanciate" Joahn Huizinga
Nella nostra visione, tu assisterai niente popò di meno che al declino del mondo moderno. È uno sviluppo guidato da una spietata logica. Più di quanto comunemente capiamo, più di quanto la CNN e i giornali ci dicono, il nuovo millennio non sarà più "moderno". Non lo diciamo per spaventarti e farti credere ci sarà un ritorno a un futuro selvaggio, per quanto sia anche possibile, ma per enfatizzare il fatto che l'epoca storica che sta arrivando sarà totalmente differente da quella in cui sei nato. Qualcosa di nuovo sta arrivando.
Così come le società agricole differivano in molte forme da quelle dell'età dei cacciatori-raccoglitori, e le società industriali differivano radicalmente da quelle feudali o dei piccoli proprietari terrieri, il nuovo mondo segnerà una rottura definitiva con qualsiasi cosa vista finora. Nel nuovo millennio l'economia e la politica non saranno più organizzate su larga scala sotto il dominio di uno Stato-Nazione, così come è accaduto durante l'epoca moderna. La civiltà che ti ha portato guerre mondiali, catena di montaggio, sicurezza sociale, tassazione, deodoranti e il fornetto per i toast, sta morendo. I deodoranti e il fornetto per i toast potrebbero sopravvivere. Come un anziano, lo Stato-Nazione ha un futuro conteggiabile in anni o giorni, non più decadi e secoli. Ha già perso gran parte del suo potere di regolamentare sulle persone. La fine del Comunismo ha segnato la fine di un lungo ciclo di cinquecento anni durante i quali la magnitudo della forza ha sopraffatto l'efficienza nell'organizzazione del governo. Una fase di transizione nella storia del mondo sta iniziando. Infatti il futuro Gibbon, che racconterà l'inizio e la fine dell'età moderna nel nuovo millennio, potrebbe dichiarare che l'età moderna è già finita nell'anno in cui stiamo scrivendo questo libro. Potremmo dire anche noi che è finita con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la morte dell'Unione Sovietica nel 1991. Entrambe le date potrebbero essere prese ad esempio per datare la fine di quella che chiamiamo Epoca Moderna.
La quarta fase dello sviluppo umano sta arrivando e forse il suo poco predicibile futuro è il nuovo nome con il quale la conosceremo. Chiamala post-moderna, chiamala cyber-society o Età delle Informazione. Chiamala come vuoi tanto non sappiamo quale cornice culturale gli darà un nome nelle prossime fasi della storia. Non sappiamo nemmeno se quest’ultimo ciclo di cinquecento anni continuerà ad essere chiamato Epoca Moderna. La popolazione occidentale si è coscientemente definita moderna solo quando fu chiaro che il periodo medievale fosse definitivamente finito. Prima del 1500 nessuno aveva mai pensato ai secoli del feudalesimo come Medioevo. La ragione è molto semplice: prima che un'epoca storica possa essere infilata in mezzo ad altre due distinte epoche storiche, la stessa deve necessariamente essere già finita. Coloro che vissero il periodo del feudalesimo non potevano di certo immaginarsi come viventi in un periodo a metà strada tra l'antichità e la modernità, fintanto che il periodo del feudalesimo non fosse finito e fosse stato chiaro a tutti quanto differisse dall'epoca precedente. Gli esseri umani hanno dei punti ciechi: non abbiamo un vocabolario per descrivere paradigmi cangianti, specialmente se viviamo nello stesso periodo in cui cambiano.
Nonostante i grandi cambiamenti avvenuti nel corso della storia dai tempi di Mosè ad oggi, pochi eretici si sono dati pena di pensare a come queste transizioni avvenivano realmente. Cosa ha scatenato questi eventi? Cosa avevano in comune? Quale percorso aiuta a capire quando iniziano e quando finiscono? Quando la Gran Bretagna o gli Stati Uniti cesseranno di esistere? Queste sono domande alle quali è difficile rispondere con risposte convenzionali.
Guardare e analizzare dal di fuori la società nella quale si sta vivendo è come un attore di teatro che tenti di parlare al pubblico: rompe una convenzione che tiene in piedi il sistema.
Qualsiasi ordinamento sociale contiene in sé stesso dei pensieri proibiti: quando questo sistema finirà? Quali valori ci saranno nel sistema che lo sostituirà? Implicitamente siamo portati a pensare che il sistema nel quale stiamo vivendo sarà l'unico e sia stato l'unico da sempre. Non c'è nulla di più sbagliato e se ne può accorgere chiunque leggesse un libro di storia. Ma questo è il senso comune che regola la vita di tanti. Qualsiasi sistema sociale che faccia un uso più o meno importante della forza crede che le sue regole non saranno mai superate. Esso è l'ultimo mondo possibile. O magari l'unico. I primitivi pensavano che il loro fosse l'unico modo in cui la vita potesse essere organizzata. Sistemi economici più complessi, che hanno al loro interno un'auto-referenzialità storica, si pongono sempre all'apice della perfezione nel percorso evolutivo societario. Che siano cinesi mandarini alla corte dell'imperatore, o la nomenclatura marxista nel Cremlino di Stalin, o membri del parlamento a Washington, chi è al potere in quel momento si immagina all'apice della storia, in una posizione superiore se comparata con qualsiasi cosa è venuta prima e all'avanguardia di qualsiasi cosa arriverà successivamente.
Questo accade per ragioni valide. Più un sistema appare debole e morente più le persone saranno riluttanti ad adattarsi alle sue leggi. Qualsiasi organizzazione sociale tenderà a scoraggiare o coprire qualsiasi analisi possa anticipare la sua stessa fine. Già solo questo ci fa capire quanto i grandi mutamenti storici siano difficilmente riconoscibili quando accadono. Stai pur sicuro che i cambiamenti non saranno per niente accolti né predetti dai pensatori convenzionali. Non puoi fare affidamento sulle notizie convenzionali per avere informazioni oggettive e rapide sui cambiamenti in atto e sul loro perché. Se vuoi capire cosa sta succedendo hai poche alternative se non capirlo con i tuoi mezzi.
Questo significa guardare oltre l'ovvio. La storia ci insegna come anche i cambiamenti che in retrospettiva sembrano inevitabili, possono non essere colti che decenni o anche secoli dopo il loro accadimento. Pensa alla caduta di Roma. È stata probabilmente il più grande avvenimento del primo millennio dell'era Cristiana. Eppure per molti anni dopo la sua caduta le commemorazioni, le insegne e le cerimonie pubbliche furono tenute in vita, come fu tenuto esposto il cadavere di Lenin millecinquecento anni dopo. Nessun cronista che scrivesse basando la propria conoscenza su informazioni pubbliche avrebbe saputo della caduta di Roma se non molto tempo dopo che l'informazione stessa avesse cessato di essere utile. La ragione non è solamente nell'inadeguatezza dei servizi di informazione del mondo antico. Il risultato sarebbe stato lo stesso anche se all'epoca ci fosse stata la CNN. Anche se un giornalista avesse ripreso in diretta la deposizione dell'imperatore di Roma, Romolo Augustolo, difficilmente egli o qualcun altro avrebbe capito che quelli eventi avrebbero segnato la fine dell'Impero Romano; che è quello che gli storici sostengono sia successo.
Alla CNN probabilmente non avrebbero approvato titoli come "questa sera Roma è finita ". I potenti avrebbero negato che Roma era caduta. I dispensatori di notizie difficilmente prendono parte in una controversia che può andare contro i loro stessi interessi. Dovrebbero essere partigiani, dovrebbero prendere posizione, ma difficilmente scriveranno cose che convinceranno i propri lettori a cancellare l'abbonamento. Ecco perché pochi avrebbero riportato dalla caduta di Roma anche se fosse stato tecnologicamente possibile. Gli esperti sarebbero saltati fuori a dire di quanto fosse ridicolo parlare della caduta di Roma e avrebbero continuato a sostenerlo, sia per mantenere il loro business sia per mantenere la loro salute fisica. Chi comandava, alla fine del Quattrocento, a Roma, erano i barbari e loro stessi negavano che Roma fosse caduta. Ma non è propriamente un caso di censura, parte del problema era che Roma era tanto degenerata alla metà del Quattrocento che la sua caduta non era una notizia che le persone che ci vivevano potevano notare. Infatti fu una generazione successiva, quella del Conte Marcellino, che per prima disse che l’Impero Romano d'Occidente era morto con Romolo Augustolo. Passarono altre decine d'anni prima che fosse comunemente accettato che l’Impero Romano d'Occidente non esistesse definitivamente più.
Certamente Carlo Magno nell'Ottocento pensava di essere il legittimo erede dell’Impero Romano. Il punto non è che Carlo Magno e gli altri che pensavano in modo convenzionale all’Impero Romano fossero stupidi, tutt’altro, le caratteristiche degli sviluppi sociali sono frequentemente ambigue. Quando la forza delle istituzioni predominanti è messa al servizio di una conclusione conveniente, anche se è basata su una bugia, solo coloro con un forte carattere e delle forti opinioni saranno disposti a contraddirla.
Se ti metti nei panni di un romano della fine del Quattrocento ti rendi conto di quanto fosse comodo pensare che nulla fosse cambiato. Questa è la conclusione più ottimistica, pensare il contrario sicuramente sarebbe stato spaventoso, e perché mai giungere a una conclusione spaventosa se una rassicurante è lì vicina, pronta e disponibile? Tanto, in ogni caso, la vita quotidiana procede come al solito. È successo anche in passato: l'esercito Romano, in particolare quello di frontiera, era stato barbarizzato per anni. Dal III Secolo era prassi comune che fosse l’esercito a proclamare il nuovo imperatore e già dal IV Secolo anche gli ufficiali cominciarono ad essere selezionati tra i barbari illetterati. Ci furono molti colpi di Stato prima che Romolo Augustolo fosse deposto definitivamente. Era un periodo di gran caos, la caduta di Romolo Augusto, ad un contemporaneo, poteva apparire non diversa dal destino di tanti altri sui predecessori. Romolo Augustolo fu deposto e mandato in pensione e il fatto che abbia ricevuto una pensione, anche se per breve tempo prima di essere ucciso, aiutò a far credere che nulla fosse cambiato. Per un ottimista contemporaneo di Romolo Augustolo, Odoacre, dopo averlo deposto riunì, piuttosto che distruggere, l’Impero Romano. Discendente di Attila, Odoacre era un uomo intelligente; non si dichiarò imperatore, ma convinse il Senato a cedere il titolo di imperatore a Zeno, l'imperatore del ramo orientale. Odoacre sarebbe stato semplicemente un patrizio di Zeno al governo dell'Italia. Come scrisse Will Durant nel suo “History of Civilization”, “questi cambiamenti non apparirono come la caduta di Roma ma semplicemente come dei piccoli cambiamenti di superficie tra i potentati. Quando Roma cadde, Odoacre disse che Roma sarebbe durata in eterno. Lui, come qualsiasi altro, aveva gioco facile a fingere che nulla fosse cambiato. Sapeva bene che la gloria di Roma era molto più luminosa degli uomini che se ne stavano impossessando”. Anche i Barbari pensavano questo. C.W. Previte-Orton nel suo “Short History of Middle Ages” descrisse la fine del V secolo, epoca durante la quale gli imperatori furono soppiantati dai re germanici, un periodo di “persistente illusione”
Questa “persistente illusione” ha comportato la conservazione della facciata del vecchio sistema, nonostante la sua essenza fosse stata “deformata dalla barbarie”. Le vecchie forme di governo rimasero le stesse anche quando l’ultimo imperatore fu sostituito da un barbaro “luogotenente”; infatti, il Senato ancora si riuniva a Roma. “La prefettura dei pretoriani e altre cariche continuarono ad esistere e furono ricoperte da eminenti romani”, i consoli venivano ancora nominati annualmente, insomma “L’amministrazione civile romana sopravvisse intatta”. Anzi, per certi versi rimase intatta fino alla nascita del feudalesimo alla fine del X secolo. Nelle occasioni pubbliche si usavano ancora le vecchie insegne imperiali e il Cristianesimo era ancora religione di Stato. I barbari giuravano ancora fedeltà all’imperatore di Costantinopoli e alla tradizione del diritto Romano. Ma nei fatti, con le parole di Durant: “In occidente il grande impero non c’era più”.
L’esempio della caduta di Roma, benché lontano nel tempo, è rilevante per capire le condizioni del mondo odierno. Dal momento che la maggior parte dei libri sul futuro in realtà sono libri sul presente, abbiamo pensato di rendere questo nostro libro sul futuro un libro, prima di tutto, sul passato. Riteniamo tu possa tracciare una prospettiva migliore sul futuro se evidenziamo gli importanti punti megapolitici della logica della violenza con esempi reali del passato. La Storia è un’insegnante straordinaria; quello che ci può raccontare è molto più significative di quelle che potremmo inventare, e molte di queste storie riguardano la caduta di Roma.
Queste storie riportano lezioni importanti che potrebbero essere utili nel futuro dell’era dell’Informazione. Prima di tutto, la caduta di Roma, è uno degli esempi più vividi di ciò che succede durante un grande cambiamento, quando la forza del governo crolla. Anche le transizioni dell’anno Mille hanno comportato il crollo dell’autorità centrale favorendo anche una rivoluzione economica. La rivoluzione della Polvere da Sparo alla fine del XV secolo comportò cambiamenti nelle istituzioni che portarono all’ampliamento della dimensione dello Stato, non alla sua riduzione. Oggi, per la prima volta da centinaia d’anni, le condizioni megapolitiche in occidente stanno minando le fondamenta dei governi e di molte altre istituzioni che operano su larga scala. Naturalmente, il crollo del governo imperiale romano ebbe cause molto diverse da quelle che potrebbero esserci ora, all’alba dell’Era dell’Informazione.
Uno dei motivi per cui Roma crollò è che, semplicemente, si era espansa troppo, oltre la scala entro la quale la sua economia poteva concederle di controllare la violenza. Il costo per presidiare gli estesi confini dell’Impero superava di gran lunga ciò che un’antiquata economia agricola poteva sostenere. L’onere della tassazione e del controllo sociale per poter mantenere lo sforzo militare aumentarono, fino ad oltrepassare la capacità di carico dell’economia. In conseguenza di ciò la corruzione divenne endemica. Gran parte dello sforzo dei comandanti militari, come ha notato Ramsay MacMullen, era indirizzato al perseguimento di “profitti illeciti dal loro comando”. Lo fecero tartassando le popolazioni in quello che lo storico del IV Secolo Sinesio descrisse come “la guerra in tempo di pace, quasi peggiore della guerra barbarica e derivante dall’indisciplina dei soldati e dall’avidità dei comandanti”.
Un altro importante fattore che indebolì Roma fu il deficit demografico causato dalle pestilenze del periodo Antonino; il crollo della popolazione causò problemi sia militari che economici. Nulla di tutto ciò è accaduto oggi, o comunque non ancora. Ma gettando uno sguardo sul futuro, l’aumento esagerato della popolazione umana creerà terreno fertile per virus e batteri, ma non è questo il libro per questo tema. Il nostro scopo non è nemmeno quello di raccontare perché Roma sia caduta oppure se il mondo di oggi sia sulla soglia di un accadimento simile. Il nostro scopo è diverso, è quello di raccontare il modo in cui le grandi trasformazioni della storia vengono percepite, o meglio, percepite erroneamente, mentre accadono.
Le persone sono sempre più Conservatrici, con la “C” minuscola. Ciò implica una riluttanza a pensare al dissolvimento di venerande convenzioni sociali o al ribaltarsi delle regole accettate o allo sfaldarsi di leggi e valori su cui quasi tutti noi basiamo il nostro orientamento sociale e personale. Pochi sono portati a considerare che cambiamenti apparentemente piccoli nel clima o nelle tecnologie posso portare a un taglio netto con il mondo dei loro padri. I romani erano riluttanti a riconoscere i cambiamenti che si stavano verificando intorno a loro. Anche noi lo siamo.
Che tu lo riconosca o meno, viviamo in un periodo di cambiamenti epocali, una stagione storica di grandi trasformazioni nel modo in cui le persone organizzano la loro economia e difendono sé stesse, trasformazioni così profonde che inevitabilmente cambieranno tutta la società. Il cambiamento sarà così netto che per comprenderlo sarà necessario non dare nulla per scontato. Sarai portato, per inclinazione naturale, a pensare che la società futura non sarà molto diversa da quella industriale nella quale sei cresciuto. Ne dubitiamo grandemente: i microprocessori sovvertiranno tutto: altereranno così tanto la logica della violenza che cambierà drammaticamente il modo in cui le persone si organizzano. Però, lo ammettiamo, la tendenza sarà quella di non vedere l’inevitabilità di questi cambiamenti o di considerarli non desiderabili; come se fosse nelle nostre capacità decidere come la storia evolverà.
Autori che sono per molti versi meglio informati di noi vi porteranno comunque fuori strada nel pensare al futuro, perché sono troppo superficiali nell'esaminare come funzionano le società umane. Ad esempio, David Kline e Daniel Burstein hanno scritto un volume ben studiato intitolato “Road Warriors: Dreams and Nightmares Along the Information Highway”.
È pieno di dettagli ammirevoli, ma molti di questi dettagli sono utilizzati per sostenere un’illusione, cioè l’idea "che i cittadini possano agire insieme, consapevolmente, per modellare i processi economici e naturali spontanei che si svolgono intorno a loro". Può sembrare una cosa giusta, ma non è così. Sarebbe come dire che dopo il crollo del feudalesimo, lo stesso sarebbe potuto tornare se tutti fossero ritornati a vivere come cavalieri erranti. È come l’esempio del serpente che cerca di rientrare nella sua vecchia pelle dopo la muta. Le cause più profonde del cambiamento sono proprio quelle che non sono soggette al controllo cosciente: sono i fattori che cambiano le condizioni secondo cui la violenza porta vantaggi a chi riesce a usarla e amministrarla. Sono talmente lontane dall’influenza del desiderio umano e dalla sua capacità di manipolazione, che non sono soggette a manovre politiche nemmeno oggi che viviamo in un mondo saturo di politica. Queste variabili, lungi dall’essere influenzabili, determinano però il modo in cui il mondo gira molto di più di quanto lo faccia qualsiasi partito politico.
Se ci pensi attentamente, dovrebbe essere ovvio che importanti transizioni storiche sono raramente influenzate da ciò che la gente desidera. Non accadono perché la gente si stanca di vivere in un modo e all’improvviso ne preferisce e sceglie un altro. Un momento di riflessione ci porterà a capire il perché.
Se ciò che la gente pensa e desidera fosse l'unico fattore determinante di ciò che accade, allora tutti i bruschi cambiamenti della storia dovrebbero essere spiegati con selvaggi sbalzi d'umore slegati da qualsiasi cambiamento nelle effettive condizioni di vita. In realtà, questo non accade mai. Solo nei casi di problemi medici, che colpiscono poche persone, vediamo fluttuazioni arbitrarie dell'umore che appaiono del tutto separate da qualsiasi causa oggettiva. Di norma, un gran numero di persone non decide improvvisamente e tutte in una volta di abbandonare il proprio stile di vita semplicemente perché trova divertente farlo. Nessun membro di una tribù di cacciatori-raccoglitori ha mai detto: "Sono stanco di vivere nella preistoria, preferirei la vita di un contadino in un piccolo villaggio". Qualsiasi cambiamento decisivo nei modelli di comportamento e di valori è invariabilmente una risposta a un effettivo cambiamento nelle condizioni di vita. In questo senso, almeno, le persone sono sempre aderenti alla realtà. Se i loro punti di vista cambiano bruscamente, probabilmente ciò indica che si sono trovati di fronte a qualche deviazione dalle condizioni di vita: un'invasione, una pestilenza, un improvviso cambiamento climatico o una rivoluzione tecnologica che altera i loro mezzi di sussistenza o la loro capacità di difendersi. Lungi dall’essere il prodotto del desiderio umano, i cambiamenti storici decisivi, il più delle volte, sconvolgono il desiderio di stabilità della maggior parte delle persone e provocano un diffuso senso di disorientamento, soprattutto tra coloro che, a causa di quel cambiamento, perdono reddito o status sociale. È dunque inutile guardare i sondaggi pubblici per capire come si svolgerà l’imminente transizione megapolitica.
Se non riusciamo a percepire la grande transizione in atto intorno a noi è, in parte, perché non desideriamo vederla. I nostri antenati cacciatori-raccoglitori erano altrettanto ostinati, ma avevano una scusa migliore. Nessuno, diecimila anni fa, avrebbe potuto prevedere le conseguenze della rivoluzione agricola. In realtà, nessuno avrebbe potuto vedere molto oltre il domani od oltre il prossimo pasto. Quando si diffuse l'agricoltura, non c'erano registrazioni di eventi passati da cui trarre una prospettiva sul futuro. Non esisteva nemmeno il senso occidentale del tempo diviso in unità ordinate, come secondi, minuti, ore, giorni e così via. I raccoglitori vivevano nell'”eterno presente". Senza calendari e senza documenti scritti, al di fuori dell'intuito, non avevano né scienza né nessun altro apparato intellettuale per comprendere causa ed effetto degli avvenimenti. Quando si trattava di prevedere il futuro, i nostri antenati erano completamente ciechi.
Fortunatamente abbiamo un punto di vista migliore. Il passare dei millenni ci ha dato capacità analitiche che mancavano ai nostri antenati. La scienza e la matematica ci hanno fatto scoprire molti segreti della natura, dandoci una comprensione del meccanismo di causa-effetto molto maggiore rispetto alle capacità dei primi cacciatori-raccoglitori. Gli algoritmi sviluppati come risultato delle migliorie tecnologiche dei computer hanno gettato nuove intuizioni sul funzionamento di sistemi complessi e dinamici come l’economia. Lo sviluppo dell’economia politica, sebbene imperfetto, ha affinato la comprensione dei fattori che influenzano l’azione umana. Importantissimo, tra questi, è il riconoscere che le persone, da sempre, tendono a rispondere agli incentivi. Non è così meccanico e scientifico come immaginano gli economisti, ma lo fanno. Costi e ricompense contano! I cambiamenti nelle condizioni esterne che aumentano le ricompense o abbassano i costi di un determinato comportamento, porteranno, a parità di condizioni, a perpetrare quel comportamento.
Il fatto che le persone tendano a rispondere a costi e benefici è un elemento essenziale della previsione. Puoi esser sicuro che se lasci cadere una banconota da 100 dollari per strada qualcuno presto la raccoglierà, che tu sia a New York, Città del Messico o Mosca, questo succederà. Questo non è banale come sembra. Dimostra perché le persone intelligenti che dicono che la previsione è impossibile, si sbagliano. Le previsioni che anticipano accuratamente l'impatto degli incentivi sul comportamento sono corrette, anzi, più è ampia la differenza predetta tra costi e benefici, più sarà probabilmente veritiera la previsione. Le previsioni di più vasta portata derivano dal riconoscimento delle implicazioni dello spostamento delle variabili megapolitiche. Nel comportamento umano la violenza è l'ultima risorsa, quindi se riesci a capire come cambierà la logica della violenza, potrai prevedere dove le persone lasceranno cadere la prossima banconota da 100 dollari. Non intendiamo con questo dir che tu possa conoscere l'inconoscibile. Non possiamo dirti come prevedere i numeri vincenti della lotteria o qualsiasi evento veramente casuale. Non abbiamo modo di sapere quando (o se) un terrorista farà detonare una bomba atomica a Manhattan, o se un asteroide colpirà l'Arabia Saudita. Non possiamo prevedere l'arrivo di una nuova era glaciale, un'improvvisa eruzione vulcanica o l'emergere di una nuova malattia. Il numero di eventi inconoscibili che potrebbero alterare il corso della storia è grande. Ma conoscere l'inconoscibile è molto diverso dal trarre le conclusioni su ciò che è già noto. Se vedi un lampo lontano, puoi prevedere con un alto grado di sicurezza che ci sarà un tuono. Prevedere le conseguenze delle transizioni megapolitiche richiede tempi molto più lunghi e connessioni meno certe, ma è un tipo di esercizio simile. I catalizzatori megapolitici del cambiamento solitamente compaiono molto prima del cambiamento stesso. Ci sono voluti cinquemila anni per far venire a galla tutte le implicazioni della Rivoluzione Agricola. Il passaggio dalla società agricola a una società industriale basata sul potere manifatturiero e chimico si è svolto più rapidamente, in circa duecento anni. La transizione alla Società dell’Informazione avverrà ancora più velocemente, probabilmente nell’arco di una generazione. Tuttavia, anche tenendo conto di questo accorciamento temporale, ci si può aspettare ci vogliano decenni prima che si realizzi il pieno impatto megapolitico della tecnologia dell’informazione.
Questo capitolo analizza alcune delle caratteristiche comuni delle transizioni megapolitiche. Nei capitoli successivi esamineremo più da vicino la rivoluzione agricola e, successivamente, il passaggio dalla fattoria alla fabbrica. All’interno della fase agricola della civiltà ci furono molte transizioni megapolitche minori, come la caduta di Roma e la rivoluzione feudale dell’anno Mille, che segnarono ascese e tonfi decisi negli equilibri di potere, mentre governi nascevano e venivano spazzati via e il bottino creato della violenza passava di mano in mano.
I proprietari di vaste tenute sotto l’Impero Romano, i piccoli proprietari terrieri del Medioevo e i signori e i servi della gleba del periodo feudale, mangiavano tutti grano coltivato sostanzialmente negli stessi campi, ma hanno visto tipologie di governo diverse, influenzate dall’impatto di nuove tecnologie, dai cambiamenti climatici e dalle epidemie. Il nostro scopo non è quello di spiegare a fondo tutti questi cambiamenti; non fingiamo di poterlo fare, anche se abbiamo abbozzato alcuni esempi nei quali i cambiamenti megapolitici hanno influenzato le modalità in cui il potere è stato esercitato in passato. Governi sono nati e spariti mentre le fluttuazioni megapolitiche hanno abbassato e aumentato il costo del mantenimento del potere e dei vantaggi portati dall'uso della violenza.
Ecco alcuni punti riassuntivi che devi tenere con te nel viaggio verso la comprensione della Rivoluzione dell’informazione:
- Un cambiamento nelle fondamenta megapolitiche del potere solitamente si verifica molto prima degli effettivi cambiamenti di potere.
- I redditi solitamente diminuiscono quando inizia una transizione importante. Spesso perché una società si è resa sensibile alla crisi erodendo risorse a causa della pressione demografica.
- Guardare “dal di fuori” la propria società è spesso un tabù. Le persone sono spesso cieche di fronte alla logica della violenza nella società. Pertanto, sono quasi sempre cieche ai cambiamenti in quella logica, che essi siano latenti o evidenti. Le transizioni megapolitiche raramente vengono riconosciute prima che avvengano.
- Le transizioni megapolitiche comportano sempre una rivoluzione culturale e di solito prevedono lo scontro tra avanguardisti e reazionari.
- Le transizioni megapolitiche non sono mai popolari perché rendono antiquato il capitale intellettuale faticosamente acquisito e cambiano gli imperativi morali ritenuti incorruttibili. Non sono intraprese per volere popolare, ma nascono in risposta a mutamenti di condizioni esterne che alterano la logica della violenza nella società attuale.
- Le transizioni verso nuovi modi di organizzare i mezzi di sussistenza o nuovi tipi di governo sono inizialmente confinate in quelle aree dove sono all’opera i catalizzatori megapolitici.
- Con la possibile esclusione delle prime fasi dell’agricoltura, le transizioni hanno sempre generato caos sociale e violenza, a causa del disorientamento delle persone e del crollo del vecchio sistema.
- La corruzione, il declino morale e l’inefficienza sembrano essere caratteristiche distintive delle fasi finali di un sistema.
- La crescente importanza delle tecnologie nel plasmare la logica della violenza ha portato a una accelerazione dell’evoluzione storica.
Dal momento che gli eventi si svolgono molto più velocemente rispetto al passato, la comprensione precoce di come il mondo cambierà potrebbe rivelarsi molto più utile per te di quanto lo sarebbe stata per i tuoi antenati all’alba della rivoluzione agricola. Anche se i primi agricoltori avessero miracolosamente compreso tutte le implicazioni megapolitiche della lavorazione della terra, questa informazione sarebbe stata praticamente inutile per loro perché sarebbero passati migliaia di anni prima che la transizione alla nuova fase della società fosse completa. Ma oggi non è così. La storia ha accelerato. Le previsioni che anticipano correttamente le implicazioni megapolitiche delle nuove tecnologie sono probabilmente molto più utili oggi. In parole povere, l'orizzonte d'azione per le previsioni megapolitiche si è ridotto al suo ultimo intervallo utile: l'arco di una singola vita.
“Guardando indietro nei secoli, o anche al presente, possiamo chiaramente vedere che molti uomini si sono guadagnati da vivere, e anche bene, grazie alla loro abilità nel gestire la violenza, e che le loro attività hanno avuto un ruolo importante nel determinare quali usi sono stati fatti delle risorse più scarse” -Frederic C. Lane.
Il nostro studio della megapolitica è proprio questo: capire le implicazioni dei fattori che alterano i confini in cui viene esercitata la violenza. Questi fattori megapolitici determinano in gran parte quando e dove la violenza dona un vantaggio. Aiutano anche a dare informazioni circa la distribuzione del reddito nei mercati. Come ha chiaramente affermato lo storico dell'economia Frederic C. Lane, il modo in cui la violenza è organizzata e controllata gioca un ruolo importante nel determinare "quali usi vengono fatti delle risorse scarse”.
Il concetto di megapolitica è potente. Aiuta a illuminare alcuni dei principali misteri della storia: come i governi sorgono e cadono e in che tipo di istituzioni si trasformano; la tempistica e l'esito delle guerre; modelli di prosperità e declino economico. Aumentando o abbassando i costi e le ricompense della gestione di violenza, la megapolitica governa la capacità delle persone di imporre la propria volontà sugli altri. Questo è stato vero fin dalle prime società umane e lo è ancora. Abbiamo esplorato molti degli importanti fattori megapolitici nascosti che determinano l'evoluzione della storia in Blood in the Streets e The Great Reckoning. La chiave per svelare le implicazioni del cambiamento megapolitico è comprendere i fattori che accelerano le rivoluzioni nella gestione e nell’organizzazione della violenza. Queste variabili possono essere arbitrariamente raggruppate in quattro categorie: topografia, clima, microbiotica e tecnologia.
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La topografia è un fattore cruciale, come dimostra il fatto che il controllo della violenza in mare aperto non è mai stato monopolizzato tanto quanto è stato fatto sulla terraferma. Nessuna legge governativa è mai stata applicata esclusivamente lì. Questa è una questione della massima importanza per capire come si evolverà l'organizzazione della violenza e della protezione man mano che l'economia migrerà nel cyberspazio. La topografia, insieme al clima, è sempre stato un ruolo importante nella storia antica. I primi stati emersero su pianure alluvionali, circondate dal deserto, come in Mesopotamia e in Egitto, dove l'acqua per l'irrigazione era abbondante ma le regioni circostanti erano troppo secche per sostenere tanti piccoli proprietari terrieri. In tali condizioni, i singoli agricoltori avrebbero subito gran danno se non avessero collaborato al mantenimento di una struttura governativa e politica. Senza l'irrigazione, che può essere fornita solo su larga scala e quindi in modo organizzato centralmente, i raccolti non sarebbero cresciuti. Le condizioni che ponevano in una posizione di forza coloro che controllavano l'acqua nel deserto fecero nascere un governo forte, ricco e dispotico. Come abbiamo analizzato in The Great Reckoning, anche le condizioni topografiche hanno svolto un ruolo importante nella prosperità dei piccoli proprietari terrieri nell'antica Grecia, consentendo a quella regione di diventare la culla della democrazia occidentale. Date le primitive condizioni di trasporto esistenti nella regione mediterranea tremila anni fa, era quasi impossibile per le persone che vivevano lontane dal mare competere nella produzione di raccolti di alto valore come olive e uva. Se l'olio e il vino dovevano essere trasportati via terra, i costi di trasporto erano così alti che non potevano generare un profitto. La conformazione della penisola greca è tale per cui, la maggior parte delle aree, non distano più di venti miglia dal mare. Ciò ha dato un vantaggio decisivo agli agricoltori greci rispetto ai loro potenziali concorrenti delle aree senza sbocco sul mare. A causa di questo vantaggio nel commercio di prodotti di alto valore, gli agricoltori greci guadagnavano redditi elevati dalla coltivazione di piccoli appezzamenti di terreno. Questi alti redditi hanno permesso loro di acquistare costose armature: i famosi opliti dell'antica Grecia erano contadini o proprietari terrieri che si armavano a proprie spese. Ben armati e ben motivati, gli opliti greci erano militarmente formidabili e ciò era noto a tutti. Le condizioni topografiche erano il fondamento della democrazia greca tanto quanto erano il fondamento del dispotismo in Egitto.
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Anche il clima aiuta a stabilire i confini entro i quali la forza bruta può essere esercitata. Un cambiamento climatico è stato il catalizzatore della prima grande transizione del mondo: il passaggio dall'essere cacciatori-raccoglitori al mondo dell'agricoltura stanziale. La fine dell’ultima glaciazione, circa tredicimila anni fa, portò ad una radicale alterazione della vegetazione. A partire dal Vicino Oriente, dove l’era glaciale si ritirò prima, un graduale aumento delle temperature e delle precipitazioni fecero diffondere le foreste in aree che in precedenza erano praterie. In particolare, la rapida diffusione dei faggeti ha gravemente ridotto la dieta umana. Come ha affermato Susan Alling Gregg in “Foragers and Farmers”:
“La nascita di foreste di faggio ha avuto gravi conseguenze per le popolazioni umane, vegetali e animali. La chioma di una foresta di querce è relativamente aperta e permette a grandi quantità di luce solare di raggiungere il suolo. Si sviluppano così una miriade di erbe ed arbusti e dunque anche fauna selvatica. Al contrario, la chioma del faggio è coprente e lascia passare molta meno luce. A parte un flusso di animali durante la primavera, al suolo possiamo notare solo felci e altre piccole piante che tollerano l’ombra.”
Nel corso del tempo, fitte foreste hanno invaso le pianure diffondendosi in tutta l’Europa. Le foreste hanno ridotto l’area di pascolo disponibile per sostentare animali di grossa taglia, rendendo sempre più difficile per la popolazione di cacciatori-raccoglitori il procacciamento del cibo. Durante la prospera era glaciale le comunità dei cacciatori-raccoglitori si erano ingrandite troppo per mantenere in vita l’equilibrio uomo-cacciagione. Il passaggio all’agricoltura non è stata una scelta, un desiderio, ma un adattamento a mutate condizioni esterne. La pratica di cacciare e allevare infatti rimase viva nelle aree più settentrionali e nelle aree tropicali-pluviali dove il clima ancora lo permetteva. Dall’avvento dell’agricoltura in poi, è stato molto più comune fosse il freddo ad influenzare cambiamenti sociali, piuttosto che il caldo. Capire come il clima ha influenzato il passato potrà essere utile ancora, nel caso in cui il clima continui a fluttuare. Se sai che la variazione in diminuzione di un grado centigrado riduce la stagione della crescita delle piante di 3-4 settimane o riduce di cinquecento metri l’altitudine massima cui possono essere coltivate le colture, allora sai qualcosa sulle condizioni-limite che modificheranno l’azione umana in futuro. Puoi usare questa previsione, ad esempio, per sapere in anticipo variazioni dei prezzi del grano o delle terre. Potresti anche essere in grado di trarre conclusioni sul probabile impatto sui redditi e sulla stabilità politica del calo delle temperature. In passato i governi sono stati rovesciati durante i periodi nei quali le colture morivano e i prezzi schizzavano alle stelle. Ad esempio, il periodo più freddo dell’età moderna, il ‘600, fu anche un periodo di grandi mutamenti. Si dice che facesse così freddo che il vino gelò sulla tavola del Re Sole a Versailles. Le accorciate stagioni di crescita hanno minato i raccolti e dunque i redditi, dando vita ad una depressione globale a partire dal 1620 che fu altamente destabilizzante. La crisi economica del XVII secolo portò il mondo a essere travolto da ribellioni continue. Ci furono ribellioni in quasi tutti i paesi, perfino in Cina e Giappone. Non è un caso, forse, che il mercantilismo fosse diventato forte in quegli anni, e che perse parte del suo potere, cedendolo ad un mercato più libero, verso il 1750 quando piano piano il clima divenne più mite e l’economia riuscì a ripartire. Ciò produsse un circolo virtuoso che portò ricchezza e portò all’espansione di quella che chiamiamo Rivoluzione Industriale. Da quel momento in poi, il crescente utilizzo di tecnologie, ha ridotto l’impatto economico e sociale dei mutamenti climatici. Ancora oggi, tuttavia, non bisogna sottovalutare l’impatto di un clima improvvisamente più freddo nell’abbassare i redditi reali, anche in regioni ricche come gli Stati Uniti. Quando si verificano cambiamenti esterni di grande portata le società organizzate entrano in crisi, in quanto la conformazione sociale non risponde più alle esigenze derivanti dall’esterno. L’abbiamo visto con gli aumenti demografici che hanno portato all’esaurimento di risorse sia nell’anno Mille sia nel XV secolo. Carestie e crisi economiche hanno ruoli fondamentali nella distruzione delle istituzioni predominanti. Oggi il problema si potrebbe manifestare nei mercati dei crediti al consumo. Se un clima più freddo riducesse i raccolti e quindi i redditi disponibili, ciò porterebbe al default del debito e alle ribellioni fiscali. Se il passato ci insegna qualcosa, il risultato di questo default sarebbe la chiusura economica e l’instabilità politica.
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I microbi portano danni (o immunità) agli organismi in modi che hanno determinato le dinamiche con le quali il potere viene esercitato. Questo è stato clamorosamente dimostrato dalla conquista europea del Nuovo Mondo. I coloni europei, provenienti da società agricole stabilmente colpite da malattie, erano immuni a malattie infantili come il morbillo. Gli indigeni con i quali entravano in contatto, provenienti da comunità meno dense, non erano immuni a questa malattia e ne furono decimati. Spesso non serviva nemmeno il contatto diretto tra europei e indigeni nell’entroterra, erano i primi indigeni entrati in contatto con gli europei ad infettare gli altri. Esistono anche barriere microbiologiche all’esercizio del potere. In Blood in the Streets abbiamo discusso del ruolo svolto da potenti ceppi di malaria nel rendere l’Africa tropicale impermeabile per molti secoli all’invasione europea. Prima della scoperta del chinino, a metà del XIX secolo, gli eserciti bianchi non potevano sopravvivere nelle regioni malariche, per quanto superiori potessero essere le loro armi. L'interazione tra esseri umani e microbi ha anche prodotto importanti effetti demografici che hanno alterato i costi e i benefici della violenza. Quando le fluttuazioni della mortalità sono elevate a causa di epidemie, carestie o altri eventi scatenanti, il rischio relativo di mortalità in guerra diminuisce. La frequenza decrescente delle esplosioni nei tassi di mortalità dal XVI secolo in poi aiuta a spiegare la minore dimensione della famiglia e, in ultima analisi, la tolleranza di gran lunga inferiore per la morte improvvisa in guerra oggi rispetto al passato. Ciò ha avuto l'effetto di abbassare la tolleranza per l'imperialismo e aumentare i costi di mantenimento del potere nelle società con bassi tassi di natalità. Le società contemporanee, composte da piccole famiglie, tendono a trovare intollerabile anche un piccolo numero di morti in battaglia. Al contrario, le prime società moderne erano molto più tolleranti nei confronti dei costi di mortalità associati all'imperialismo. Prima di questo secolo, la maggior parte dei genitori dava alla luce molti bambini, alcuni dei quali morivano improvvisamente a causa di numerose malattie infantili. In un'epoca in cui la morte prematura era all'ordine del giorno, gli aspiranti soldati e le loro famiglie affrontavano i pericoli del campo di battaglia con minore resistenza.
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La tecnologia ha giocato di gran lunga il ruolo più importante nel determinare i costi e i benefici del mantenimento del potere durante i secoli moderni. Questo libro presuppone che continuerà ad essere così, infatti la tecnologia ha diversi aspetti megapolitici cruciali:
A. Equilibrio tra attacco e difesa. L’equilibrio tra attacco e difesa, dovuto alla tecnologia delle armi, determina la scala di grandezza dell’organizzazione politica. Quando le capacità offensive aumentano e predomina la capacità di proiettare il potere a distanza, le giurisdizioni diventano più forti e i governi si espandono. Altre volte, come ora, le capacità difensive aumentano, rendendo più costoso difendere il potere lontano dalle aree centrali. Per questo motivo le giurisdizioni si rimpiccioliscono e i grandi governi si distribuiscono in governi più piccoli. B. Uguaglianza e predominio della fanteria. Una caratteristica chiave che determina il grado di uguaglianza tra i cittadini è la tecnologia delle armi. Le armi che sono relativamente economiche possono essere impiegate da non professionisti e aumentano l'importanza militare della persona comune, tendendo dunque a portare in stato di equilibrio il potere. Quando Thomas Jefferson scrisse che "tutti gli uomini sono creati uguali", stava dicendo qualcosa che era molto più vero di quanto un'affermazione simile sarebbe sembrata secoli prima. Un contadino con il suo fucile da caccia non solo era ben armato, come il tipico soldato britannico con il suo Brown Bess, era anche meglio armato. Il contadino con il fucile poteva sparare al soldato da una distanza maggiore e con maggiore precisione di quanto il soldato potesse fare. Questa era una circostanza nettamente diversa dal Medioevo, quando un contadino con un forcone (altro non poteva permettersi) difficilmente poteva opporsi a un cavaliere pesantemente armato. Nel 1200 nessuno scriveva "tutti gli uomini sono creati uguali". A quel tempo, nel senso proprio delle parole, gli uomini non erano uguali. Un solo cavaliere aveva molta più forza di dozzine di contadini. C. Vantaggi e svantaggi di scala nella violenza. Un'altra variabile che aiuta a determinare se ci sono pochi grandi governi o molti, ma più piccoli è la quantità di organizzazione richiesta per utilizzare le armi più potenti. Quando ci sono ricorsi crescenti alla violenza, è più utile far funzionare i governi su larga scala. Quando un piccolo gruppo può disporre di mezzi efficaci per resistere all'assalto di un gruppo numeroso, come avveniva durante il Medioevo, la sovranità tende a frammentarsi. Autorità piccole e indipendenti eserciteranno allora molte delle funzioni di governo. Come diremo nell’ultimo capitolo, crediamo che l'era dell'informazione creerà i cyber-soldati, che saranno araldi della devoluzione degli stati. I cyber-soldati potrebbero essere schierati non solo dagli Stati-Nazione, ma anche da organizzazioni molto piccole e persino da singoli individui. Le guerre del prossimo millennio includeranno alcune battaglie combattute con i computer D. Economie di scala nella produzione. Un altro fattore importante che pesa sulla bilancia nel determinare se il potere sia esercitato localmente o a distanza è la dimensione delle attività più importanti attraverso le quali le persone si guadagnano da vivere. Quando le imprese cruciali possono funzionare in modo ottimale solo se organizzate su larga scala in un'area commerciale enorme, i governi, che si espandono per fornire un ambiente protetto alle imprese, possono racimolare ricchezza aggiuntiva sufficiente a pagare i costi del mantenimento di un ampio sistema politico. In tali condizioni, l'intera economia di solito funziona in modo più efficace laddove una super potenza mondiale domina tutte le altre, come fece l'impero britannico nel XIX secolo. Ma a volte le variabili megapolitiche si combinano e producono economie che si restringono in scala. Se i vantaggi economici del mantenimento di un'ampia area commerciale diminuiscono, i governi più grandi potrebbero iniziare a crollare. E. Dispersione della tecnologia. Un altro fattore che contribuisce alla bilancia del potere è il grado di dispersione delle tecnologie chiave. Quando le armi o gli strumenti di produzione possono essere facilmente accumulati o monopolizzati, tendono a centralizzare il potere. Anche le tecnologie che sono essenzialmente di carattere difensivo, come la mitragliatrice, si sono rivelate potenti armi offensive, che hanno contribuito ad accrescere il potere dei governi durante il periodo in cui non erano facilmente reperibili. Quando le potenze europee godettero del monopolio delle mitragliatrici alla fine del XIX secolo, furono in grado di usare quelle armi contro i popoli per espandere drasticamente gli imperi coloniali. Più tardi, nel XX secolo, quando le mitragliatrici divennero ampiamente disponibili, specialmente sulla scia della Seconda guerra mondiale, furono usate per aiutare a distruggere il potere degli imperi. A parità di altre condizioni, più le tecnologie chiave sono distribuite, più il potere sarà distribuito.
Mentre la tecnologia, oggi, è di gran lunga la più importante, tutti e quattro i fattori hanno svolto un ruolo nel determinare quale dimensione il potere ha potuto raggiungere nel passato. Nel loro insieme questi fattori determinano se il ricorso alla violenza continua ad aumentare man mano che il potere si ingrandisce. Questo determina se, per l'accesso e l’utilizzo delle risorse, sia più importante la potenza di fuoco o l’efficienza. Ciò influenza anche fortemente la distribuzione del reddito sul mercato. La domanda è: queste variabili quale ruolo avranno in futuro? Per capire la risposta occorre capire che queste variabili megapolitiche mutano a velocità molto diverse.
La topografia rimane sostanzialmente invariata. Tranne per piccoli cambiamenti locali, la topografia della terra oggi è del tutto uguale a quella che c’era quando Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso. E rimarrà tale fino alla prossima era glaciale. La topografia cambia molto lentamente.
Il clima cambia molto più velocemente. Le fluttuazioni del clima hanno avuto un ruolo significativo nei cambiamenti delle società umane. Ultimamente ci sono state preoccupazioni per il possibile impatto del “riscaldamento globale”. È una preoccupazione che non può essere esclusa a priori, ma il rischio più probabile è che si vada verso un clima più freddo se osserviamo le temperature su di un periodo più lungo di tempo. Gli studi sugli isotopi dell’ossigeno nei fondali marini hanno confermato che questo è il secondo periodo più caldo degli ultimi due milioni di anni. Se gli allarmi sul riscaldamento globale sono veri, ciò assicura che le temperature continueranno a fluttuare nel range anormalmente caldo degli ultimi tre secoli.
La microbiologia è molto rapida. Il comune raffreddore, ad esempio, muta ogni anno. Tuttavia, sebbene queste mutazioni procedano rapidamente, il loro impatto nello spostare gli equilibri del potere è molto meno brusco del cambiamento tecnologico. Perché? Parte del motivo è che il normale equilibrio della natura tende a rendere vantaggioso per i microbi infettare ma non distruggere le popolazioni ospiti. Le infezioni virulente che uccidono i loro ospiti troppo prontamente tendono a sparire altrettanto velocemente. Questo non vuol dire, ovviamente, che non possano esserci epidemie mortali che altereranno gli equilibri di potere. Tali episodi hanno avuto un posto di rilievo nella storia. La peste nera, ad esempio, spazzò via un'ampia parte della popolazione dell'Eurasia e assestò un duro colpo all’economia del ‘300.
La storia può essere raccontata in termini di ciò che sarebbe potuto accadere tanto quanto in termini di ciò che realmente fu. Non abbiamo nessun motivo per pensare che i microbi non avrebbero potuto flagellare l'umanità durante l'Epoca Moderna. Per esempio è possibile che le barriere microbiologiche all'esercizio del potere, forti come la malaria ma più virulente, avrebbero potuto fermare l'espansione occidentale nel mondo. I primi intrepidi portoghesi che salparono verso l'Africa avrebbero potuto contrarre un pericoloso retrovirus, una più virulenta versione dell'AIDS, che avrebbe fermato sul nascere l'apertura di una nuova via verso l'Asia.
Anche Colombo e i primi coloni del Nuovo Mondo avrebbero potuto incontrare una malattia che li avrebbe decimati allo stesso modo in cui loro portarono malattie che decimarono gli indigeni; ma così non è stato. Una serie di coincidenze che evidenzia l'assunto che la storia ha una destinazione.
I microbi hanno fatto molto meno per distruggere il potere nell'epoca moderna rispetto a quanto fecero nei secoli precedenti. I coloni occidentali scoprirono presto che le tecnologie che permettevano loro di organizzare e detenere il potere erano enfatizzate dal fattore microbiologico. Gli occidentali erano armati con armature biologiche mai viste in precedenza: la loro immunità a malattie che imperversano nel periodo neonatale e fanciullesco e che sterminavano invece gli indigeni adulti. Nella storia, il viaggio delle malattie fu in una sola direzione; dall'Europa al di fuori; non c'era paragone con le malattie importate in Europa dall'estero. Una possibile controdeduzione potrebbe essere l'esempio della sifilide, che fu importata dal Nuovo Mondo. È tuttora dibattuta la cosa, ma anche fosse vera, la sifilide non ha avuto alcun impatto sull'esercizio del potere, ha avuto impatto solo sui costumi sessuali europei rendendoli pian piano più chiusi e moraleggianti.
Dalla fine del XV Secolo all'ultimo quarto del XIX l’impatto dei microbi sula società fu addirittura quasi benigno. Tralasciando le tragedie personali causate da tubercolosi, polio e influenza nessuna nuova malattia che potesse modificare la struttura megapolitica, come ad esempio fu la peste Antonina, emerse durante quel periodo. I miglioramenti nella sanità pubblica e l’avvento dei vaccini e degli antidoti generalmente ridussero l'impatto delle infezioni durante l'Epoca Moderna, aumentando in tal modo l'importanza relativa della tecnologia nel definire i confini entro i quali il potere veniva esercitato.
Il recente emergere dell'AIDS e l'allarme sulla possibile diffusione di virus esotici sono sintomi del fatto che il ruolo dei microrganismi non è da sottovalutare nei rivolgimenti megapolitici del futuro. Ma quando e dove una nuova piaga infetterà il mondo è impossibile sapere; ma è comunque da dire che è più probabile sarà una pandemia virale a combattersi la palma di catalizzatore megapolitico con la tecnologia piuttosto che cambiamenti climatici o topografici.
Non abbiamo modo di monitorare o prevedere i cambiamenti microbiologici in natura, quindi, incrociamo le dita e contiamo sul fatto che sarà la tecnologia a definire come il potere verrà mantenuto e organizzato. Se la fortuna sarà dalla nostra parte, sarà la tecnologia ad assumere sempre maggior importanza nel guidare le variabili megapolitiche.
Ma non è stato sempre così e la rivoluzione agricola ce lo insegna.